, Anime: Effetti negativi

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Killer Instinct
view post Posted on 11/5/2008, 18:39




Ma questa cosa di incolpare gli anime mi sembra veramente una ca...ta.

Allora se citava un film o un libro? Avrebbero attaccato i registi e gli scrittori?

Cerchiamo di essere seri, per favore.

Se una persona non capisce la differenza tra finzione e realtà, ha dei chiari disturbi mentali ke non dipendono dai manga/anime o altro, ma da dei traumi o problemi ke ha avuto nella vita reale.
 
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Ai_Ste
view post Posted on 16/5/2008, 15:47




guarda concordo pienamente!! secondo me non ha senso incolpare gli anime e soprattutto appunto dai certe cose son anke boiate, cioè anke io alle elementari con le compagne giocavamo ad essere delle supereroine o personaggi dei cartoni ma son cose che si fanno, poi il problema sta nella testa delle persone non in quello che guardano!! cmq concordo in pieno!! :sisi:
 
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*°Tharychan°*
view post Posted on 27/5/2008, 18:27




CITAZIONE
Altri quattro studenti americani delle scuole medie puniti a causa di Death Note.

Uno studente della Kopachuck Middle School di Gig Harbor (Washington) è stato espulso e altri tre sono stati oggetto di provvedimenti disciplinari il 14 maggio scorso per aver annotato ben 50 nomi nel loro “Death Note”.

Il gadget è ispirato alla serie animata di Death Note, dove il protagonista scrive nel suo quaderno mortale i nomi delle persone che intende far morire.

Nella lista nera dei quattro ragazzi, oltre ai nomi di vari studenti e di un professore, quello del Presidente George W. Bush, di Paris Hilton, e di altre celebrità.

Sembra che il quaderno dei quattro malcapitati sia stato ritrovato da un altro studente e consegnato a un insegnate, che a sua volta l'avrebbe portato all'attenzione del preside.

Il 15 maggio il preside della scuola avrebbe contattato telefonicamente i genitori dei 620 studenti del suo istituto con il seguente messaggio:

«Recentemente, un avvenimento alla Kopachuck ha dimostrato la necessità di maggior sicurezza. Alcuni studenti hanno scritto preoccupanti note su di un quaderno e la questione è stata accuratamente investigata. E' inammissibile minacciare la scuola, gli studenti e lo staff».

Ed Troyer, portavoce dello sceriffo ha aggiunto:
«Questo è il tipico film dell'orrore giapponese e non è una minaccia credibile. Vediamo che i genitori sono sconvolti, tuttavia dei provvedimenti adeguati devono essere presi, ma non c'è minaccia».

Il sovrintendente scolastico, Terry Bouck ha chiarito che quel quaderno non è adatto per la scuola, e che sarà proibito. Ma il padre di uno degli studenti sospesi per tre giorni ha spiegato che il gesto del figlio è stato una valvola di sfogo in seguito a due anni di bullismo subiti.

In precedenza ci sono stati almeno altri tre incidenti scolastici legati a Death Note negli Stati Uniti

Fonte:Animeclick
ma ancora???!! Ma basta!!! A momenti metteranno i ragazzini di 15 anni in carcere per aver scritto il nome del prof di matematica o letteratura su un pezzo di carta..è_é
"Noooo!! Attenzione!! I FILM DELL'ORRORE GIAPPONESI vi lavano il cervello..!!" -____-" Per carità santissima.....
 
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Tizzo
view post Posted on 27/5/2008, 21:35




CITAZIONE (*°Tharychan°* @ 27/5/2008, 19:27)
ma ancora???!! Ma basta!!! A momenti metteranno i ragazzini di 15 anni in carcere per aver scritto il nome del prof di matematica o letteratura su un pezzo di carta..è_é
"Noooo!! Attenzione!! I FILM DELL'ORRORE GIAPPONESI vi lavano il cervello..!!" -____-" Per carità santissima.....

quoto pienamente
ma dai, stiamo davvero esagerando!!
 
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Terminator87
view post Posted on 27/5/2008, 22:06




Mi ricordo che quando ero bambino vedevo i Power Rangers e mia madre mi faceva sempre leggere articoli di giornale in cui parlavano degli effetti negativi che la serie televisiva faceva sui ragazzini per stuzzicarmi a nn guardarli più.
Questi articoli che avete citato hanno lo stesso scopo cioè invogliare i ragazzi a nn seguire gli anime perchè per molti sono solo diseducativi "avevo dimenticato che i film che ci propongono in TV ci insegnano un sacco di cose specie su come avere una felice vita intima con il propio partner"
Concludo dicendo che quoto pienamente anch'io quello che hai detto Thary si sta davvero esagerando!
 
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Shurah
view post Posted on 25/6/2008, 14:34




Riporto un articolo dal vecchio numero di Benkyo fatto da Elena Romanello

Orrori made in Japan o cosa?




I cartoni animati e i fumetti giapponesi sono stati oggetto, nei vent'anni della loro permanenza in Italia, di critiche di tutti i tipi, provenienti dalle più svariate categorie di persone, dalle associazioni dei genitori agli intellettuali, dai politicanti agli insegnanti.
Tutti o quasi i mali di cui ha sofferto la gioventù in questi anni sono stati imputati ai loro divertimenti, manga ed anime in testa: droga, hooligans, naziskin, violenza da strada. Questo ha creato negli otaku spesso e volentieri una sorta di mania di persecuzione, ed inoltre ha portato ad una grande disinformazione sull'argomento manga ed anime: tutti pontificavano in tema, nessuno però sapeva bene di cosa parlava.
Prima di iniziare ad esaminare tutte o quasi le critiche rivolte al made in Japan, occorre fare alcune considerazioni preliminari: l'infanzia e l'adolescenza viste come un'età a sé, fatta anche di divertimenti e di consumo, sono un'invenzione recente della nostra società, da far risalire al secondo dopoguerra, qui in Italia e in Europa, e a poco prima nei Paesi anglosassoni.
Quando la società era ancora prevalentemente contadina, c'era una breve, brevissima infanzia, durante la quale spesso si era già costretti a lavorare, e poi subito, appena si raggiungeva l'età dello sviluppo, si convolava a nozze e si ricominciava a lavorare e a mettere al mondo altri bambini. Nella prima società industriale, queste caratteristiche erano state talmente esasperate da portare all'orribile fenomeno dei bambini costretti a lavorare in fabbrica, che morivano appena diventati adolescenti. Le leggi a tutela dei lavoratori fanciulli e delle donne, la diffusione dell'istruzione, la progressiva meccanizzazione in agricoltura e nelle industrie, la mentalità edonistica dopo le tragedie dell'ultima guerra e il boom economico sono tutti fattori che hanno portato alla nascita di nuovi bisogni. I bambini, che sempre più in Occidente nascevano non per obbligo morale, familiare o religioso, ma perché voluti e desiderati, in una società che da un certo punto in poi ha liberalizzato contraccezione ed aborto, hanno cominciato ad essere amati, istruiti, nutriti, ma anche incoraggiati a divertirsi, ad avere giocattoli, ad andare a vedere film e a leggere libri e fumetti per loro, ad avere una loro identità di bambini.
Gli adolescenti non si sposavano e non si sposano più (tranne rarissime eccezioni, pur ricordando che le gravidanze tra teen ager sono una piaga negli Stati Uniti) appena usciti dall'infanzia: molti studiavano, altri lavoravano, ed in più avevano divertimenti, mode e modelli loro propri.
Una tendenza che continua ad esserci ancora adesso: e i manga, messi in un recente servizio su Specchio accanto ad altri miti come Leonardo di Caprio, i Backstreet Boys, Internet e i telefilm fantascientifici altro non sono, da un punto di vista neutrale, che una delle tante mode giovanili di oggi.
Gli anni Settanta, il tempo della prima invasione di anime, era un momento particolare, coincidente con la disgregazione della famiglia e di molti valori tradizionali, le prime tensioni sociali e la perdita del ruolo degli Stati Uniti come modello forte, politico ma anche per i divertimenti: i bambini e gli adolescenti di allora sono la Generazione X di oggi, la prima che non può più contare sul lavoro fisso, vittima della struttura non dinamica dell'economia italiana, che solo a fatica si sta aprendo verso nuove forme di occupazione, costretti spesso a vivere in famiglia fino a oltre i trent'anni, eterni adolescenti desiderosi di sognare e di svariarsi.
Gli attacchi che in vent'anni si sono rivolti a manga ed anime non sono nuovi al mondo dei giovani: periodicamente, dagli anni Cinquanta in poi, tutte le mode adolescenziali sono state criticate. Si attaccò il nichilismo disperato di James Dean, il rock lascivo di Elvis Presley e Jerry Lee Lewis, il look da lolita maliziosa e sbarazzina di attrici come Catherine Spaak e Brigitte Bardot, la violenza di Arancia meccanica, la mania discotecara di John Travolta in Grease e ne La febbre del sabato sera. Senza contare poi le critiche che erano già state rivolte ai fumetti, considerati da genitori ed educatori una lettura da tollerare a mala pena: lo stesso Topolino non era particolarmente benedetto, per non parlare delle accuse fatte a Diabolik negli anni Sessanta di incitare al furto e alla violenza gratuita, per arrivare in anni recenti poi anche a critiche contro Dylan Dog, considerato troppo splatter.
Dietro alle critiche verso i manga e gli anime c'è quindi una cultura anziana, spesso supponente e tendente a rifiutare per principio tutto quello che è divertente e commerciale, spesso ancora moralista. Non c'è desiderio di capire i giovani, la cui situazione nel nostro Paese non è forse mai stata così difficile, e che si trovano, ora come non mai, a dover decidere di trionfare sui modelli dei padri a tutti i costi.
In fondo, si critica tanto che effetto può avere la televisione (non solo gli anime) sui giovanissimi, quando poi la stessa è per lo più infarcita da spettacoli di varietà condotti da vecchie cariatidi, da lunghissimi sceneggiati ad uso delle casalinghe pensionate, da film antidiluviani con attori morti o ormai vecchissimi. L'animazione giapponese è uno dei pochi campi, in televisione, pensato per un pubblico di giovani: e forse questo ha dato tanto fastidio ai più.


I messaggi distorti di Goldrake


Nel dicembre 1979, mentre la terza serie di Goldrake imperversava alle 19 su Rai 2, il deputato, proveniente da Avanguardia Operaia, Silviero Corvisieri, eletto con l'appoggio di tanti giovani, fratelli maggiori dei fan di Goldrake, che avevano fatto della militanza politica una religione, propose un'interpellanza parlamentare per abolire Goldrake e simili dalle televisioni, almeno da quella di Stato.
La motivazione? Atlas Ufo Robot (ricordiamo il titolo ufficiale) è una serie con un messaggio politicamente scomodo, fascisteggiante: la delega al grande combattente, il rifiuto del diverso, il culto della guerra e delle macchine elettroniche sono le caratteristiche principali della serie, caratteristiche che ne sconsigliano la visione ai bambini, che ne usciranno rovinati per sempre.
Silviero Corvisieri, lo si è scoperto vent'anni dopo grazie a Kappa, era un papà di famiglia, con due bambini che come decine di migliaia di loro coetanei stravedevano per le avventure di Actarus e soci, e che rimasero sconvolti dalle dichiarazioni del loro genitore, soprattutto perché questi non aveva parlato prima con loro di quel fatto.
Nessuno pretende di voler discutere con il signor Corvisieri dei suoi metodi educativi: ma forse la chiave di volta di una buona parte dei problemi legati al fenomeno anime era proprio questa, parlarne insieme, ascoltare le ragioni dei giovani. Per la cronaca, l'ex deputato Corvisieri non ha cambiato le sue idee in proposito, critica sempre le animazioni giapponesi, anche se riconosce che c'è di peggio, oggi giorno.
Le sue idee contagiarono persone anche lontanissime da lui come ideologia politica: i giovanissimi, invece, in Goldrake vedevano e vedono un'altra cosa, oltre che una serie di avventura e fantascienza a cui appassionarsi. Come ha ricordato di recente Andrea Baricordi: Da quello che Corvisieri dice, si evince che non ha mai visto un episodio di Goldrake in vita sua: gli invasori alieni avevano già invaso tutta una serie di pianeti, il superstite era venuto sulla Terra per salvare se stesso e quando vede che gli alieni cercano di conquistare anche il nostro pianeta fa di tutto per proteggerlo. (...) Scopriremo in seguito che gli alieni stanno cercando di conquistare la Terra perché il loro pianeta sta morendo: la storia si complica tanto che alla fine ogni personaggio, nel bene e nel male, ha le sue ragioni. (...) E questo perché spesso, nei cartoni giapponesi, non viene presentata la divisione tra buono e cattivo così come accade volentieri in quelli occidentali.
Sempre sullo stesso tema si era espressa allora un'ignota fan ad una rivista televisiva, dicendo: Io continuo ad apprezzare il messaggio pacifista di questi cartoni animati, troppo profondo per essere compreso da tutti.
Come si vede, c'è già fin dall'inizio una contrapposizione tra i due schieramenti, da un lato gli adulti, dall'altro i giovanissimi: una contrapposizione che si è protratta fino ad oggi.


I robot da abolire


La trasmissione L'altra campana, condotta da Enzo Tortora, stava già causando molto rumore nella primavera del 1980 per gli argomenti su cui conduceva i sondaggi, che avevano fatto emergere verità sconcertanti: gli italiani non credevano più alla verginità come ad una caratteristica essenziale per le donne (finalmente!), dicevano sì all'aborto di Stato e non abbracciavano più tante antiche credenze.
Durante una trasmissione, un gruppo di un circolo educativo di Imola, formato da genitori ed insegnanti, presentarono una petizione contro Goldrake e gli altri robot, accusandoli di provocare un vero e proprio lavaggio del cervello nei bambini, rendendoli storditi ed incapaci di avere altri interessi. Gli accusatori erano tutti adulti, tra il pubblico in sala non c'era nessuno che avesse meno di vent'anni e decisero di dire Basta ai robot giapponesi.
Le polemiche furono rinfocolate da questa decisione: alcuni, anche adulti, continuarono giustamente a pensare che i pericoli da cui andavano difesi i bambini erano ben altri (e ancora si parlava poco di pedofilia, per esempio), ma in molte case si registrarono ricatti, proibizioni e simili.
Gli adulti pretesero di poter ancora una volta manipolare i gusti e le simpatie dei giovani.
In mezzo a quella che tutti gli otaku più anziani di oggi ricordano come un'ennesima ingiustizia, ci furono anche altri attacchi all'animazione giapponese, come quello di un anziano che scrisse ad un giornale accusando Goldrake di ispirare le gesta delle Brigate Rosse e difendendo a spada tratta la pornografia pura. Questo signore, se è ancora vivo, avrà senz'altro apprezzato i nuovi manga erotici.
A parte le battute, la crociata intrapresa a L'altra campana portò ad una ghettizzazione progressiva degli anime robottici, da cui forse stanno uscendo solo in tempi recenti, con Neon Genesis Evangelion. Gli otaku si strinsero intorno ai loro beniamini, contro lo strapotere di chi all'epoca comandava su di loro.


Candy e soci creano inutili ansie nei bambini


Gli anime ispirati ai classici per l'infanzia, come Heidi e Remì, erano stati più tollerati all'inizio, perché possedevano la nobiltà della parentela con il libro: ma dopo l'avvento di cartoni animati come Candy Candy e Charlotte, non più protetti dall'ispirazione letteraria, anche per questo filone ci furono accuse di qualsiasi nefandezza, sia pure senza la virulenza che caratterizzava le critiche contro i robot.
Heidi e compagnia creano nei bambini una sindrome di abbandono parentale, tuonarono alcuni psicologi, visto che i protagonisti sono tutti orfani. I bambini hanno tutti incubi in cui sognano che muoiono i loro genitori, temono di rimanere come i loro beniamini supersfortunati.
In realtà gli appassionati capivano che Heidi, Candy, Remì e Peline erano ragazzi che lottavano per la felicità, in un mondo duro ma metafora della realtà. Tanti problemi della società ottocentesca sono ancora ben lontani dall'essere stati risolti, ma i personaggi degli anime rappresentavano in molti casi anche il trionfo finale di tante buone caratteristiche, della gioventù, della fantasia e dell'amicizia.
In generale bisogna però dire che i genitori accettavano più di buon grado che un figlio guardasse Candy Candy piuttosto che Il Grande Mazinga.
Da un certo punto in poi, le accuse di violenza fatte agli anime robottici sono diventate accuse di violenza fatte a tutti gli anime: recentemente la serie Cantiamo insieme, ispirata al musical per famiglie Tutti insieme appassionatamente, con Julie Andrews, è stata accusata di essere violenta e diseducativa, per niente adatta ad un pubblico di bambini. Il potere della disinformazione, come si vede, non conosce limiti.


Gli anime sono orrendi e fatti al computer


L'equazione cartoni animati giapponesi = cose orrende è una delle preferite dai suoi detrattori, che negli anni si sono dimostrati di ogni tendenza politica ed ideologica. La bruttura dei disegni animati provenienti dal Paese del Sol levante veniva considerata come portata da diversi elementi, tutti sinonimo di grossolanità.
La leggenda metropolitana dei cartoni animati fatti al computer ha tenuto banco per parecchi anni: negli studi della Toei animation e delle altre case di produzione i computer sono entrati recentemente e per usi limitatissimi, ma questo non è bastato a far smettere chi diceva che le animazioni giapponesi, poiché fatte al computer, erano inferiori ai loro equivalenti realizzati artificialmente. Peccato che quando si è saputo che la Walt Disney e la Warner Bros usavano la computer graphic sul serio per i loro prodotti, tutti si sono affrettati ad esaltare questa tendenza.
La questione non è stata quindi quella di esaltare un sistema di lavorazione rispetto ad un altro, ricordando che sia l'animazione artigianale che il computer sono entrambe tecniche di tutto rispetto: ma come sempre, fare disinformazione.
Altri orrori dei cartoni animati giapponesi sono l'animazione a scatti, e gli orribili disegni, deformi con quegli occhioni aperti al massimo.
L'animazione a scatti, contrapposta a quella fluida di disneyana memoria, non è solo un mezzo per risparmiare tempo, ma anche un nuovo codice espressivo di una cultura che si poggia su diverse forme artistiche. Inoltre non bisogna dimenticare che è sempre stato uno sbaglio paragonare i lungometraggi Disney, destinati al cinema, con gli anime giapponesi, concepiti, almeno le serie giunte così massicciamente da noi, per la televisione. Se si paragonano, e questo è quello che hanno fatto gli otaku, le animazioni giapponesi televisive con i loro equivalenti americani, qui la vittoria avviene in modo molto più netto, per varietà di personaggi e di contenuti, anche se c'è chi ha bollato i cartoni animati giapponesi di essere banali telenovele animate.
Gli otaku inoltre amano proprio lo stile del disegno, con i grandi, irreali occhioni: anzi, bisognerebbe dire gli stili, visto che ci sono tanti modi diversi di fare anime in Giappone. Ma questo è noto solo a chi si è informato più a fondo.
Per i detrattori le animazioni giapponesi restano una delle cose più orrende mai concepite da mente umana: gli otaku ricordano soprattutto le critiche di cartone animato orribile, come tutti quelli giapponesi, rivolte a L'incantevole Creamy in un articolo nel 1986 su L'Espresso, la liquidazione del fenomeno animato giapponese come dozzinale fatta da Gianni Rondolino sulla sua Storia del cinema (il docente non ha mai perso occasione per far risaltare la sua avversione verso la cultura giapponese e verso gli anime, bollati da lui più di una volta come quelle cose orrende che danno in televisione) e la stroncatura del film Akira di Oscar Cosulich su La Repubblica nel 1991.



Gli anime sono diseducativi perché appartengono ad una mentalità diversa dalla nostra


Il Giappone è da parecchio tempo di gran moda, e non solo presso gli otaku: l'interesse per la cucina, per l'arte dei bonsai, per il cinema, per la letteratura del Paese del Sol levante ha conquistato molte persone.
Non mancano i detrattori: non si può giustamente pretendere che un Paese o una cultura piacciano a tutti, ma la disinformazione e le stupidaggini sono da combattere. I manga e gli anime, essendo forse il prodotto giapponese di più gran presa sui giovani, non sono stati esenti da critiche dovute anche alla loro provenienza.
Sul Giappone girano molte mezze verità e leggende: i giapponesi vivono ammassati come formiche, pensano solo al lavoro, considerano il suicidio una massima forma espressiva, sono violenti e durante l'ultima guerra si sono macchiati di crimini orrendi che non hanno ancora scontato.
Qualcosa di vero ci può anche essere in queste affermazioni: ma da lì a rifiutare i manga e gli anime (nonché altre cose giunte dal Giappone) perché prodotti di una cultura che snaturerebbe i giovani, porta a sentire un po l'odore del razzismo incombente.
Un razzismo che fa infuriare gli otaku per un semplice motivo: si parla tanto, ed a giusto credito, di multiculturalità, ma questa multiculturalità la si vuole rivolta solo verso le culture di popoli che possiamo soccorrere con elemosine: ben vengano gli zingari, con i loro canti e le loro storie, i maghrebini, con la loro religione e le loro tradizioni, gli arabi, con il loro Corano e le loro abitudini, prima fra tutte quella di negare ogni diritto alle donne e di distruggere l'adolescenza, facendo di nuovo sposare i bambini tra di loro.
Ma se arriva qualcosa dal Giappone, un Paese che si è rialzato dopo una tragica guerra, che non chiede elemosina ma importa nuovi modelli di comportamento, allora no, via, vade retro. I giapponesi non fanno i vu' cumprà, le loro donne vestono all'occidentale e non portano lo chador, ma non vanno bene, sono forti, fanno paura.
Bisogna dire che in generale, tra gli immigrati extracomunitari, gli orientali sono i più tollerati dai locali: ma si tratta per lo più di cinesi, filippini, cingalesi, non di giapponesi. E poi comunque il giallo, sia pure in modo meno diretto rispetto magari allo sfruttatore della prostituzione albanese o all'accattone e spacciatore marocchino, causa inquietudine, perché è troppo diverso e chiede troppo poco per essere considerato amico.


I manga in edicola sono tutti pornografici e per pedofili


La visione del sesso, relativamente più libera, presenta in Giappone, ha incuriosito gli otaku e non solo loro, ma si è tirata anche tanti strali da parte di vari ambienti.
Oltre alle inevitabili critiche da parte delle associazioni di genitori di matrice cattolica, c'è stato anche il facile sensazionalismo dei mass media.
Gaia de Laurentis, conduttrice del rotocalco Target ha posto il fenomeno in questi termini: Ma lo sapete che fumetti hanno in mano i vostri figli? I disegni sono simili a quelli visti in televisione, ma i contenuti... In questo, è stata aiutata dal fatto che molti edicolanti avevano ed hanno la brutta abitudine di tenere i manga normali e quelli erotici mischiati.
Gli editori dei fumetti erotici hanno risposto ricordando che innanzitutto nessuno obbliga nessuno ad acquistare questo genere di pubblicazioni, che deve essere venduto sigillato e che comunque la curiosità dei giovani non è da temere. Ma per esempio la notizia del sequestro di diversi fumetti giapponesi pornografici attuata a Catania è finita sui giornali, nel 1997, vicino ad un servizio sulla pedofilia via Internet (l'altro demone dei nostri tempi), e La Repubblica ha calcato la dose insinuando che probabilmente tra i lettori dei fumetti pornografici c'erano tanti pedofili.
Il Giappone e i suoi manga sono stati messi vicini ad un dramma dei nostri tempi: un'operazione, se può consolare, fatta non solo in Italia. In Francia, nel 1996, dopo il terribile affare Ducruox, è uscito su Paris Match un articolo che diceva che sì, nella vecchia e cristiana Europa c'erano una casa di orrori piena di bambini offerti ai pedofili, ma che il Giappone era il regno di ogni perversione verso i giovanissimi.
Gli anime giapponesi incitano ora alla pedofilia, dunque. In realtà, la pornografia e l'erotismo si rivolgono nel Paese del Sol levante soprattutto verso un pubblico di giovani, contrariamente a quanto succede qui da noi, e quindi è normale che abbiano protagonisti giovanissimi: ma il Giappone è diventato per tutta una categoria di persone il simbolo di una nuova perversione.
A questo va aggiunto un altro fatto: lo scrittore Alberto Bevilacqua ha attaccato duramente, da un fondo di costume su Oggi, la moda collezionistica dei modellini, più o meno erotici, di vinile, accusando chi li colleziona di essere: un depravato, un minorato sessuale, un feticista incapace di avere rapporti normali con le donne. La molla è la misoginia, l'odio per l'universo femminile, considerato solo qualcosa da offendere. Quelli che acquistano queste bamboline sono gli stessi che intrattengono rapporti con le nuove prostitute, albanesi, slave, bulgare, considerate alla stregua di oggetti, di schiave del piacere.
Bisognerebbe ricordare quanti signori di una certa età vanno con le baby prostitute, era illuminante la pubblicità dell'Unicef contro la prostituzione infantile (Quest'uomo in Tailandia ha comprato una bambola per la sua bambina. Per sé ha comprato una bambina), ma tanto si sa, sono sempre le mode giovanili che vanno attaccate.


Ken il guerriero ispira i lanciasassi dal cavalcavia


Alla fine del 1996 l'Italia è sconvolta dai tragici fatti dei sassi tirati dal cavalcavia: il 22 gennaio 1997, La Repubblica rivela chi c'è dietro a tutto.
Signori e signore, il responsabile è Ken il guerriero, uno degli idoli del branco di giovani che ha ideato le tragiche gesta. L'articolo, riportato in larghi stralci nel numero 0 di Man Ga, riporta una serie di assurde inesattezze, tipo che Ken sarebbe un gioco di ruolo che si gioca in piazza e che quando si vince si grida Bingo, ma accusa in maniera velata non tanto l'orribile gesto di alcune tragiche teste vuote (ricordiamo che non tutti i giovani sono così, e che alla base di molti reati da loro commessi ci sono moventi molti banali, come il desiderio di avere soldi, come in questo caso, o il giro della droga), ma le mode giovanili, che avevano talmente condizionato il branco da spingerlo a commettere quello che ha commesso.
La cosa divertente, si fa per dire, per gli otaku, è che viene pubblicata la foto della stanza di uno degli assassini: c'è di tutto, dalla sciarpa della squadra del cuore al poster di Dylan Dog, dalle videocassette di Star Trek a quelle di X Files, ma non c'è assolutamente niente sugli anime. Non sappiamo chi abbia messo in giro questa voce della passione degli assassini dei sassi per Ken il guerriero.
La palla viene comunque presa al balzo da Gad Lerner in Pinocchio e da Michele Santoro in Moby Dick, che dedicano due trasmissioni al fatto e più in generale al disorientamento dei giovani, indicandone come uno dei principali responsabili proprio Ken il guerriero ed in generale tutto l'universo fumettistico ed animato giapponese.
Molti anni dopo le polemiche su Goldrake, si ritorna al luogo comune del cartone animato giapponese violento e diseducativo: ma gli otaku sono più grandi e meglio organizzati, in una scuola per esempio un gruppo di allievi risponde alle accuse verso Ken di un insegnante portando tutti a scuola insieme il fumetto incriminato.
Ancora una volta si nota come ci sia la tendenza a giudicare senza capire le mode dei giovani. È curioso notare come gli anime e i manga non siano ancora stati accusati di avviare i giovani sulla strada della droga e che non siano considerati tra gli ispiratori degli squatters.


Sailor Moon rende i bambini omosessuali


La differente percezione che hanno i giapponesi verso il sesso ha portato non solo alla diffusione dell'erotismo per giovanissimi, ma anche a trattare il tema della diversità sessuale e dell'ambiguità di genere in modo più aperto, anche in produzioni non erotiche.
Ovviamente questo non poteva non portare a fraintendimenti e a critiche qui in Occidente.
Già ai tempi di Lady Oscar, tra il 1982 e il 1983, qualche psicologo si era pronunciato sui pericoli che un simile modello, una ragazza che si traveste da uomo, avrebbe potuto avere sulla psiche delle giovanissime.
Ma il massimo è stato raggiunto nel 1997: durante la manifestazione di Amalfi Cartoons on the Bay, la psicologa Vera Slepoj attacca così la serie Sailor Moon, il grande hit del momento: Sailor Moon (...) propone una giovane eroina e si sono riscontrati casi di bambini di sesso maschile che, seguendo quotidianamente il cartoon, hanno finito con l'identificarsi in questo personaggio forte, vincente, potente, un modello di comportamento, femminilizzando il loro modo di vivere, le relazioni con i coetanei e chiedendo di poter vestire come la loro eroina.
Detto in altre parole, Sailor Moon farebbe diventare omosessuali i bambini, quindi meglio proporre ragazzine tradizionali, magari che preparano torte di mele, anziché vivere avventure fantastiche.
Simile a questo nella sostanza è un articolo che compare su Tv Sorrisi e Canzoni, il 25 giugno 1997, firmato da Anna Rita Parsi (che è però, ad onor del vero, una estimatrice di Candy Candy), su Magic Knight Rayearth, altra storia di ragazzine fantasy, in cui si dice tra l'altro: Luce, Marina e Anemone sono ragazzine guerriere con tanto di fallici spadoni e magici poteri. (...) È un cartone animato tutto intriso di guerrieri valori maschili che ripropone (...) la necessità di farsi forti e coraggiose (...) utilizzando le armi della concentrazione e del coraggio, purtroppo simbolicamente rappresentate da armi vere e proprie
All'inizio dell'invasione degli anime giapponesi, le femministe, tra cui la psicologa infantile Tilde Giani Gallino, accusarono i nuovi cartoni animati di maschilismo: le donne, secondo loro, contavano poco, venivano sfruttate, derise e maltrattate, secondo il vecchio cliché della donna oggetto.
Tra gli otaku c'erano in realtà allora e ci sono oggi molte ragazze, attirate dal ruolo invece importante, che l'altra metà del cielo ha in manga ed anime: bambine ed adolescenti, oltre ad essere protagoniste di avventure (Heidi, Candy, Charlotte, Peline), erano anche spesso il braccio destro degli eroi nelle serie fantascientifiche, basti pensare a Venusia e Maria di Atlas Ufo Robot, a Miwa di Jeeg robot d'acciaio, a Mai di Gackeen.
I fumetti giapponesi sono stati i primi ad aprire così massicciamente le porte al cosiddetto gentil sesso, giocando anche sull'ambiguità sessuale (vedi Oscar) o addirittura sull'omosessualità abbastanza dichiarata (Haruka e Michiru, cioè Heles e Milena in Sailor Moon).
Le accuse di psicologi sembrano quasi voler rimpiangere i vecchi tempi delle ragazze oggetto: le giovani che combattono sono pericolose, meglio che stiano a casa. Senza contare poi l'attacco rivolto contro gli omosessuali, che ha portato alle ire degli ambienti gay italiani, facendo sì che Vera Slepoj correggesse un attimo il tiro.
Insomma, spesso le accuse sono un campionario di fantasticherie e di assurdità, a cui gli otaku sono in fondo abituati, ma che non mancano mai di stupire o indignare.


Il sonno della ragione genera sempre mostri


Oltre agli anime giapponesi, ad andare sotto accusa ultimamente ci sono stati anche i fumetti di Dylan Dog, i giochi di ruolo (ispirano i suicidi), i giochi di carte, i videogiochi, Internet, le serie fantascientifiche, X-Files, Star Trek, i film fantastici, la letteratura fantasy, i libri di Stephen King, eccetera eccetera.
Tutte cose che hanno alcune caratteristiche in comune: piacciono ai giovani, sono d'importazione (i detrattori degli Usa si consolino, ce ne è anche per i prodotti dello zio Sam), stimolano la fantasia.
Nell'introduzione si è già detto quanto antagonismo ci sia tra giovani ed adulti. Inoltre, tutta una serie di ambienti, più o meno intellettuali, attaccano da sempre le mode di importazione: non andava loro il made in Usa, figuriamoci se va bene il made in Japan, entrambi sono Paesi capitalistici, che non possono che portare modelli sbagliati.
Ma è l'attacco alla fantasia a preoccupare, un attacco in alcuni casi portato da sessanttottini pentiti, proprio quelli che urlavano La fantasia al potere. A questo proposito, ricordiamo un articolo che riassume tutto questo atteggiamento, comparso nel 1997 su Le monde diplomatique, periodico francese con molte pretese intellettuali, in cui si esaminava il successo francofono di X-Files e di tutto l'entertainment fantastico con preoccupazione, ricordando che sempre Il sonno della ragione genera mostri. E questo può essere visto come emblematico di tante critiche rivolte anche ai manga e agli anime: l'estraniazione dalla realtà, l'avere modelli fantastici significa perdere di vista la vita reale (quella che qualcuno non allineato con la maggior parte degli otaku ha riassunto in produci, consuma, crepa), avere nuovi modelli che chissà a quali folli azioni possono portare e non riconoscersi più nei vecchi modelli dei padri, in una società in cui la pensione è più importante dell'inserimento lavorativo dei giovani.
A questo proposito ricordiamo per esempio anche i cortei di studenti dell'autunno 1997, scesi in piazza cantando le sigle degli anime, invece che canzoni impegnate: hanno suscitato gli attacchi di molti intellettuali per il loro completo disimpegno nello scegliersi dei modelli. Estraniazione dalla realtà e disimpegno, che orrore, insomma.
Questo può essere un nuovo banco di prova per gli otaku: dimostrare a loro stessi che il sonno della ragione non genera mostri, e che il mondo ha bisogno di fantasia, almeno i giovani.


Qualche difesa


In mezzo a tante accuse, c'è stata qualche voce in difesa degli anime, dei manga e degli otaku?
Sì, per fortuna, anche se poche. Ma si potrebbe dire poche ma buone, tutto sommato, tenendo presente che qualcuna è stata decisamente autorevole.
Oreste del Buono, giornalista, scrittore, studioso di fumetti, ha difeso Goldrake ai tempi delle polemiche, esaltandone il carattere epico, che lo accomunava agli spettacoli popolari di tutti i tempi, dalle rappresentazioni dei samurai in terra giapponese ai pupi siciliani da noi.
Giuliano Millerba, sociologo e scrittore, ha dichiarato fin dall'inizio di amare molto di più i cartoni animati giunti dal Giappone che altri aspetti della cultura giovanile: le sue critiche si sono rivolte verso altre mode anni Settanta, in particolare quella che esaltava John Travolta e il serial Happy Days, per lui espressioni di un conformismo becero ed opprimente.
Bruno Bozzetto, cartoonista e fumettista, ha rivolto elogi all'animazione giapponese e alla sua ricchezza di trame. Insieme al collega Marco Pagot, anche lui stimatore del genere, ha avuto anche modo di lavorare nel Paese del Sol Levante.
Carlo Verdone, nel suo film Bianco, rosso e verdone del 1980, ha sottolineato l'importanza degli anime nella vita dei giovani facendo portare al suo personaggio, il giovane borgataro ingenuo Mimmo, la maglietta de Il Grande Mazinga. Un'operazione analoga è stata fatta da Maurizio Nichetti in Ho fatto splash, dove si sentiva la presenza continua di Gundam, visto dal figlio del protagonista, ed ancora di più da Renato Pozzetto nella fiaba Da grande, dove il bimbo diventato adulto mette i poster di Candy, guarda Mazinga Z e gioca ai supereroi. Una visione ripresa in modo un po' grottesco da Massimo Boldi nel suo Cucciolo, dove gli anime sono considerati fondamentali per i giovanissimi. Persino il grande Marcello Mastroianni, in Fantasma d'amore, guarda un pezzo di Capitan Harlock in televisione per evadere da una vita grigia che lo porterà alla pazzia.
Luca Raffaelli è il giornalista italiano considerato il guru dagli otaku: cresciuto con Walt Disney e Warner Bros, si è poi appassionato agli anime, dedicando loro una parte del libro Le anime disegnate e scrivendo in tema su riviste specializzate (Kappa Magazine, Video cartoons and comics) e non (Il Venerdì di Repubblica).
Un altro giornalista che ha dedicato attenzione agli anime è stato Guido Tiberga, sul quotidiano La Stampa, per il quale ha seguito varie volte l'universo editoriale e si è confrontato in più di un'occasione con i gruppi di otaku e il loro movimento.
Fabio Fazio, conduttore e giornalista, vede con molto interesse tutto quello che fa parte della fantasia e dei fumetti, ricordando in particolare gli anni Settanta, quando anche lui era ragazzo: durante la trasmissione Anima mia ha rispolverato i primi anime assieme a Claudio Baglioni (che ha cantato le sigle Heidi ed Atlas Ufo robot), mentre a Quelli che il calcio ha invitato anche persone che lavorano nell'ambito come Elisabetta Spinelli (la voce di Sailor Moon) e diversi cantanti, come I Cavalieri del Re e gli Oliver Onions.
Poi ci sono ovviamente tutti gli otaku che sono diventati redattori, scrittori, saggisti, per i quali è difficilissimo mettere insieme le ragioni del cuore e le ragioni di una sana critica.


La censura


Qual è stata la risposta dei network televisivi alle critiche sugli anime e degli editori alle critiche sui fumetti giapponesi?
In molti casi, si è utilizzato un vecchio nemico: la censura.
La Rai, di fronte alla possibilità di provocare le ire dei genitori e di perdere consensi (e magari abbonamenti), ha rinunciato via via a trasmettere gli anime. Sopravvivono ancora le repliche di Heidi e di Anna dai capelli rossi, forse perché il network di Stato è fermamente convinto del loro forte valore educativo.
La Fininvest è rimasta una grossa programmatrice di anime, ricorrendo ad una censura più subdola. Via tutte le scene di violenza e per estensione gli anime violenti (il rifacimento di Kyashan è stato trasmesso, censuratissimo, all'alba), via le scene troppo osé (le grazie di Sabrina - Madoka in Orange Road e l'ultimo combattimento di Sailor Moon nuda sono le vittime più illustri), via le vecchie sigle dei primi anime riproposti (spesso cult per i primi otaku che mal sopportano Cristina d'Avena), via, e questo è il colmo, ogni riferimento alla cultura giapponese. Niente scritte su giornali e cartelloni, i nomi sono italiani e le città sono in un ipotetico Occidente, in casa Mediaset.
Dietro a tutte queste censure c'è una delle persone forse più detestate dagli otaku italiani, Alessandra Valeri Manera, responsabile della fascia ragazzi delle reti di Berlusconi. La signora Valeri Manera sostiene che attualmente i cartoni animati televisivi sono rivolti essenzialmente ad un pubblico infantile, anche se si è detta interessata ad un futuro coinvolgimento delle fasce più adulte nella fruizione di manga ed anime.
Una delle proposte più originali degli otaku è stata infatti quella di varare una fascia serale dedicata agli anime: ma le reti commerciali non sembrano voler affrontare una simile prova. Più interessata sembra essere Telepiù, la televisione a pagamento: ma in questo caso si ripropone un problema giù avanzato dagli otaku con le videocassette. Non è giusto doversi rivolgere al mercato dell'home video o della tv a pagamento per potersi gustare gli anime in versione integrale, così dicono molti otaku, giovani e spesso con non grandi possibilità economica.
Le altre reti, locali e non, hanno continuato a trasmettere soprattutto repliche, in proporzione però meno censurate. Ken il guerriero è integrale nella versione italiana, mentre Dragonball ha sofferto di qualche censura su Junior Tv ma perché era stato prima considerato dalla Mediaset. TMC si è convertita di recente agli anime, continuando però nell'infausta abitudine di cambiare le sigle, e tagliando alcune parti di Ranma ½.
Si registrano sulle reti non Fininvest un paio di casi di tagli ed interruzioni: Junior Tv, nel 1990, interruppe Devilman in seguito ad una telefonata troppo minacciosa di un genitore benpensante, mentre alcune reti locali hanno preferito, per alcuni mesi, nel 1997, interrompere Ken il guerriero dopo l'affare dei sassi dal cavalcavia.
Una rete televisiva per gli otaku è ancora tutta da inventare, né si sa ancora cosa potrà diventare.
L'editoria, oggi sul sentiero di guerra, perché fatta ormai da otaku cresciuti, al principio degli anni Ottanta reagì lasciando via via da parte i personaggi degli anime: la Fabbri editore e le edizioni Flash troncarono gli albi dedicati ai robot, e gli shojo manga sempre del Gruppo editoriale Fabbri furono interrotti per l'incapacità di trasformare il giornalino di Candy Candy in una proposta innovativa e matura per il mercato delle giovanissime.
Era sempre in fondo un altro tipo di censura.


Conclusioni


Di tutto il saggio questo è forse il capitolo più cattivo ed aspro. Ma tant'è: quando si è otaku da una vita, si è stufi di sentire denigrare in continuazione i propri beniamini, spesso inoltre se gli insulti sono irrazionali e stupidi.
Ci sono delle responsabilità nel tipo di programmazione, che ha importato decine e decine di anime in modo acritico per anni, in un'editoria, all'inizio solo speculativa, e poi a volte piratata. Ma c'è anche l'incapacità di voler comprendere i sommovimenti del mondo dei giovani.
Ma noi otaku non perdiamo la speranza che qualcosa possa veramente cambiare, in meglio. Si sa, la speranza è sempre l'ultima a morire.
 
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BimbaVip
view post Posted on 19/2/2010, 02:06




Secondo me hanno esagerato l'avrranno fatto solo x giocooo!!!Ma dai 2 dodicenni pensate davvero che possano aggredire qualcuno?
 
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21 replies since 8/4/2008, 22:31   367 views
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